Abusive Mushroom

Che cos'è Abusive Mushroom?

Nel 2011, l’artista Manuel Riccardi decise di sovvertire le regole del mercato dell’arte. Stanco delle logiche esclusive e costose delle gallerie, abbracciò un concetto radicale: l’arte in movimento. Nacque così il progetto “Abusive Mushroom”, un’idea che fonde arte, ecologia e spiritualità in un gesto poetico e anarchico.

Riccardi disegna un unico soggetto da sempre: un fungo. Questo elemento, riprodotto in dipinti e opere di vario formato, non è solo un segno distintivo ma un simbolo profondo. Le sue opere non vengono vendute né esposte in spazi convenzionali: vengono abbandonate, lasciate in luoghi casuali o significativi, alla mercé del destino e dell’incontro. Chi le trova diventa un “collezionista per caso”, trasformandosi da semplice passante in custode di un frammento di questo ciclo artistico.

IL FUNGO COME SIMBOLO DI CONNESSIONE E POTENZIALITÀ

Il fungo non è solo una rappresentazione estetica, ma un simbolo potente di connessione e rigenerazione. Nel regno naturale, i funghi sono tra gli organismi più antichi e sofisticati. Il loro micelio, la rete sotterranea di filamenti fungini, è una delle più complesse strutture biologiche esistenti: collega alberi e piante in una sorta di internet naturale, permettendo scambi di nutrienti, segnali di allarme e persino strategie di sopravvivenza condivise.

Allo stesso modo, Riccardi semina le sue opere affinché creino connessioni imprevedibili tra le persone. Un’opera lasciata in un parco, su una panchina o in una stazione ferroviaria diventa un nodo di questa rete invisibile, generando incontri e riflessioni.

I funghi inoltre hanno capacità straordinarie:
Biorisanamento: possono assorbire e trasformare sostanze tossiche, ripulendo il suolo e l’acqua.
Rigenerazione: alcuni funghi crescono dopo incendi devastanti, ripopolando terreni bruciati.
Intelligenza collettiva: pur senza un cervello, il micelio prende decisioni complesse, adattandosi all’ambiente in modo sorprendente.

IL LEGAME CON I BODHISATTVA: FUNGHI E ILLUMINAZIONE

In un parallelo tra natura e spiritualità, il fungo di Riccardi ricorda anche le figure dei Bodhisattva, esseri illuminati nella tradizione buddhista che, pur avendo raggiunto l’illuminazione, scelgono di rimanere nel mondo per aiutare gli altri a trovare la via.

I Bodhisattva emergono dalla terra del Samsara, proprio come i funghi dopo la pioggia. Sono simboli di compassione, saggezza e trasformazione, e agiscono in silenzio, senza clamore, proprio come il micelio lavora sotto la superficie del suolo.

L’INCONTRO CON LA FOTOGRAFIA E LA METAFORA DI ADAM

Con il tempo, il progetto “Abusive Mushroom” si è arricchito di una nuova dimensione: la fotografia. Se l’abbandono dell’opera rappresenta il gesto di disseminazione, la fotografia diventa lo strumento di memoria e documentazione, ma anche un’ulteriore stratificazione simbolica dell’intero progetto.

Qui entra in scena Adam, un ragazzo trans che diventa metafora vivente del fungo stesso. Così come i funghi non appartengono né al regno animale né a quello vegetale, Adam incarna una soglia, uno spazio fluido, un’identità che sfugge alle categorie binarie. Il suo corpo e la sua presenza amplificano il messaggio del fungo di Riccardi: un invito a riconoscere e accogliere la complessità, l’interconnessione e la trasformazione.

L’ARCHIVIO E IL VIAGGIO DELL’OPERA

Insieme ad Adam, Riccardi realizza una serie di scatti fotografici in cui i quadri vengono inseriti in contesti suggestivi e inaspettati. L’opera, prima di essere abbandonata, viene immortalata in luoghi scelti con cura: margini urbani, spazi naturali, angoli di città anonimi ma pieni di storie.

L’ARTE COME MUTAZIONE CONTINUA

La fotografia non è solo un modo per raccogliere tracce, ma un atto artistico autonomo che rafforza il concetto di mutazione e movimento. L’opera di Riccardi, che già di per sé sfida il concetto di possesso e staticità, trova nella fotografia un modo per espandere la sua portata.

Con l’introduzione della fotografia, “Abusive Mushroom” non è più solo un gesto di abbandono e disseminazione, ma anche una pratica di documentazione poetica, un gioco tra presenza e assenza, una riflessione visiva sull’impermanenza e sulla bellezza dell’incontro